Capitolo tratto dal volume:
"Inquinamento
da traffico urbano, sistemi di monitoraggio e politiche di limitazione: un
approccio di economia ambientale"
Domenico
marino (A Cura di), Edizioni scientifiche italiane, Napoli (in corso di stampa)
2.1.- Una definizione del concetto di esternalità
Allorché si definisce l'esatta natura dell'esternalità
legate al traffico da un punto di vista teorico è
possibile passare in rassegna lo stato dell'arte sulle diverse metodologie di
misurazioni da un punto di vista teorico.
In questa sezione si tenterà una sorta di
classificazione ampia che raccolga i diversi tentativi di sistematizzazione
suggeriti dai diversi autori allo scopo di rendere disponibile uno schema di
scelta nelle fasi successive della ricerca
Il primo teorema fondamentale della teoria del benessere afferma che
ogni allocazione delle risorse associata ad un
equilibrio competitivo, oltre ad assicurare un coordinamento delle decisioni
individuali che scaturisce dal meccanismo di determinazione dei prezzi[1], costituisce un ottimo paretiano, cioè uno
stato dell’economia secondo il quale per nessun individuo è possibile
migliorare la propria situazione, ossia il proprio benessere economico, senza
peggiorare quella di un altro individuo.
Per ottenere un risultato del genere è, tuttavia, necessario assumere
alcune ipotesi semplificatrici che finiscono col limitare la validità del
teorema almeno sotto il profilo empirico.
Una delle ipotesi semplificatrici poste a base del teorema è
costituita dall’assenza degli effetti esterni. Il sistema competitivo dovrebbe,
pertanto, attraverso la leva del prezzo consentire ai soggetti che operano sul
mercato di tradurre in costi tutti gli effetti negativi connessi con la
transazione ed in ricavi tutti i benefici che le scelte individuali producono.
L’esperienza pratica ci insegna, tuttavia, che non sempre è possibile tradurre
la generalità dei costi e dei benefici di una transazione in un prezzo (che in
regime di concorrenza diventa il prezzo di mercato al quale avviene lo
scambio).
Affinché si abbia uno scambio efficiente in
senso paretiano, pertanto, è necessario il costo di produzione coincida con il
costo sociale (inteso come un costo che teoricamente comprende tutti i costi
connessi ad una transazione), così come il ricavo coincida con il beneficio
sociale (inteso come quel prezzo che
comprende tutti i benefici connessi ad una transazione).
Si parla di esternalità quando esiste qualche
variabile che influisce sull'utilità o sul profitto di un soggetto economico,
ma è sotto il controllo di qualche altro soggetto[2].
Un altro modo di definire l’esternalità è ipotizzare che il costo
sociale diverga da quello privato (di produzione) ovvero il beneficio sociale
diverge da quello privato (di consumo) si assiste ad una delle forme di
fallimento del mercato che la letteratura economica
definisce esternalità.
.Si parla, infine, di esternalità come
fallimento del mercato nel senso che le scelte degli individui sono effettuate
sulla base di prezzi e di costi che non riflettono il valore effettivo delle
risorse scambiate[3].
E’ evidente che costo sociale può essere superiore o inferiore al
costo privato, sarà superiore nelle ipotesi in cui non tutti i costi di
produzione vengono sostenuti dal produttore e,
conseguentemente, lo stesso nella determinazione della propria curva di offerta
non terrà conto di tali costi. Il costo privato, viceversa, sarà superiore al
costo sociale nelle ipotesi in cui l’impresa nella determinazione della propria
curva di offerta considererà costi sostenuti ma non
strettamente connessi con la produzione.
Le esternalità di consumo riguardano specificamente la curva di
domanda e scaturiscono da un confronto tra il beneficio sociale e il beneficio privato.
Nelle ipotesi in cui il beneficio sociale è superiore al beneficio privato la
curva di domanda non riflette i benefici che la
collettività ritrae dal consumo di quel determinato bene o servizio, quando,
viceversa il beneficio del singolo consumatore è superiore al beneficio sociale
la domanda del bene sarà superiore a quella socialmente efficiente.
Volendo esemplificare il concetto appena esposto, possiamo utilizzare
un esempio ben noto nella letteratura economica ossia la produzione di una acciaieria. Con riferimento a tale produzione è
possibile sostenere che il costo privato dell’acciaieria è sicuramente
inferiore al costo sociale, atteso che, la curva di offerta
dell’impresa non tiene conto dei costi sociali (ovvero che ricadono sulla
collettività) che scaturiscono dell’inquinamento provocato nell’ambiente.
Allo stesso modo è possibile affermare che il beneficio di un
imprenditore agricolo che possiede un frutteto aumenta in
presenza di un apicoltore limitrofo, per effetto delle impollinazione, senza
che questi corrisponda alcun compenso a titolo di corrispettivo, ossia senza
che questi sostenga alcun costo di impresa.
Vi sono beni, quindi, che non hanno un prezzo di mercato,
oggettivamente determinato o determinabile secondo regole comunemente accettate,
quali l’inquinamento, il silenzio, il panorama, i beni culturali, etc. ma,
soprattutto, per tali beni risulta difficoltoso
individuare delle funzioni di domanda e di offerta in quanto si tratta di beni
privi della necessaria omogeneità. Inoltre, si tratta di beni la cui utilità
individuale è soggettiva e variabile in assenza di una chiara regolamentazione di questi diritti che normalmente per gli
altri beni si traduce nel prezzo di mercato.
E’ evidente che nell’ambito degli studi delle cosiddette esternalità
negli ultimi tempi si è posto maggiormente l’accento
sulle cosiddette esternalità ambientali, attribuendo valenza di bene pubblico
all’ambiente stesso e da ciò scaturisce l’esigenza, sia quale interesse sociale
ma anche quale interesse economico, di tutelare l’ambiente stesso[4].
2.2.- Criteri di classificazione delle
esternalità
a) Esternalità positive e esternalità negative
Sono state tentate diverse classificazioni delle esternalità, la più
immediata è quella fra esternalità positive ed esternalità
negative: un impresa che inquina sicuramente impone esternalità negative agli
individui che respirano l’aria, ossia alla collettività.
E’ possibile, pertanto, individuare una funzione di costo della impresa che rispecchia i costi privati realmente
sostenuti dall’impresa stessa ma tale funzione non è rappresentativa dei costi “imposti” alla collettività
dall’inquinamento prodotto dall’impresa.
L’individuazione del differenziale tra costo sociale e costo privato
non è, tuttavia, di facile determinazione e quantificazione e ciò rende problematica l’individuazione di strumenti efficaci
per la soluzione del problema delle esternalità che si traduce in una quantità
prodotta non ottimale, atteso che si formano sul mercato, come meglio vedremo
in seguito, equilibri di sovrapproduzione.
Il contrario avviene nelle ipotesi di esternalità
positive. Supponendo, ad esempio, che un’impresa costruisca una strada che la
colleghi con altre vie di comunicazione e
che una volta costruita la strada venga
utilizzata dai soggetti che risiedono nel circondario della fabbrica senza che
per ciò gli stessi corrispondano all’impresa un corrispettivo. In tal caso
l’impresa assume nella determinazione dei propri costi anche una quota del
costo della strada che in effetti costituisce un costo
sociale e non privato.
In questo caso l’individuazione del differenziale tra costo sociale e
costo privato può essere effettuato con maggiore
precisione rispetto alle ipotesi di esternalità negative, tuttavia, è
improbabile che l’impresa riesca a farsi corrispondere un corrispettivo dagli
utilizzatori e, pertanto, nella determinazione della propria curva di offerta
tale onere la renderà meno competitiva e si formerà un equilibrio di mercato in
cui la produzione risulterà contratta.
b) Esternalità di produzione e esternalità di
consumo
Altro criterio di classificazione comunemente accettato è quello che
distingue tra esternalità di produzione ed esternalità di consumo.
Le esternalità di produzione si realizzano ogniqualvolta
dall’esercizio di un’attività scaturiscono effetti economicamente rilevanti
sulle altre attività (sia positivi che negativi), o
sugli altri soggetti.
L’elemento caratterizzante tale tipologia è costituito
dalla stretta connessione con l’attività
di produzione, ossia l’esternalità trova origine in un processo produttivo e
l’intensità della stessa è strettamente correlata all’attività produttiva ed in
concreto all’output del processo di produzione.
E’ possibile, quindi, stabilire una correlazione funzionale tra
produzione e l’effetto avente, rilevanza economica, indesiderato. Anche se la correlazione funzionale non necessariamente si traduce
in una correlazione che attenga alla valorizzazione degli effetti
dell’esternalità.
Le esternalità di consumo, invece, si realizzano quando, per effetto
del consumo di un determinato bene o servizio, emergono dei benefici o dei
costi per la collettività, non quantificati né quantificabili nel
beneficio tratto dal consumatore e che
producono i loro effetti economici influenzando la produzione e/o il consumo di altri
soggetti.
Le esternalità di consumo, evidentemente, possono essere positive o negative e sono caratterizzate da una marcata
soggettività nella definizione di un parametro economico che possa misurane
l’utilità che gli individui o l’individuo attribuisce al consumo di un
determinato bene o servizio. Ad esempio, l’ascolto di musica classica da parte
di un condomino di un complesso residenziale può arrecare fastidio a chi
detesta la musica (o solo a chi non piace la musica classica) e pertanto per
tali soggetti tale consumo comporta una esternalità
negativa, tuttavia la stessa situazione può essere apprezzata dai condomini che
amano la musica che dal consumo del singolo trarranno un beneficio (esternalità
positiva) senza sostenere alcun costo.
Per questa tipologia di esternalità, in buona
sostanza, è difficile non solo individuare una correlazione funzionale con il
consumo ma, addirittura, definirne la natura, in quanto per alcuni beni è
difficile attribuire un valore o addirittura quantificarne il valore negativo
che taluni soggetti gli attribuiscono.
c) Esternalità generali e esternalità limitate.
Un ulteriore criterio di classificazione
distingue le esternalità generali, nel senso che il costo (ovvero il beneficio)
è sopportato da un universo di soggetti piuttosto ampio e esternalità limitate
nel senso che gli effetti espressi in termini economici sono rilevanti per un
universo di soggetti estremamente limitato.
La peculiarità che caratterizza le esternalità cosiddette generali è la difficoltà di individuare l’universo dei
soggetti che subiscono (o beneficiano) gli effetti economici del fenomeno.
Rientrano a pieno titolo in questa categoria le esternalità ambientali che
negli ultimi anni hanno costituito il nucleo centrale
dello studio delle esternalità.
La dimensione dell’universo dei soggetti coinvolti determina, altresì,
una difficoltà nel tradurre in termini economici gli
effetti economici negativi che derivano dalle cosiddette esternalità
ambientali. Il danno ambientale, infatti, non è
immediatamente tangibile dalla collettività, manifestandosi spesso a parecchi
anni di distanza e, soprattutto, manca quella sensibilità culturale,
specie nelle regioni più povere, finalizzata alla tutela dell’ambiente anche
come bene economico, spesso sacrificato sull’altare di un presunto sviluppo
economico ad ogni costo.
Quanto alle esternalità limitate la loro
caratteristica principale consiste nella facile individuazione dei soggetti
coinvolti. Pertanto gli effetti negativi (ovvero positivi)
si ripercuotono su un numero limitato di soggetti (si tratta in buona sostanza
di esternalità facilmente localizzabili) e per le quali è più facile
interpretare gli interessi in gioco. Anche per questa tipologia di esternalità, tuttavia, non è semplice individuare un
criterio oggettivo e accettato di
quantificazione economica degli effetti economici delle esternalità poiché il
valore che ciascun individuo attribuisce è assolutamente soggettivo.
In questa categoria che ricomprende le esternalità cosiddette limitate
o peculiari è possibile farvi rientrare le esternalità che reciprocamente
subiscono i soggetti coinvolti nello sfruttamento di limitate risorse comuni.
Questa particolare tipologia di esternalità
si presenta ogniqualvolta un numero limitato di soggetti ha accesso e/o
utilizza risorse limitate e comunque soggetti ad un progressivo depauperamento
in assenza di una regolamentazione. Un esempio classico è dato dalle acque di
un lago le cui possibilità di pesca sono strettamente
correlate e limitate al numero di soggetti che lo utilizzano e alla frequenza
con cui lo stessa pesca viene
esercitata. In concreto
l’attività di ciascun pescatore costituisce un’esternalità negativa per
gli altri pescatori nel senso che ogni quantitativo di pesce pescato viene a essere sottratto dalla risorsa comune e, inoltre, qualora
tutti i pescatori sfruttassero intensamente la possibilità di pesca
evidentemente metterebbero in pericolo anche la possibilità di sfruttare la
risorsa in futuro.
La presenza di esternalità implica una
inefficiente allocazione delle risorse, infatti, secondo la logica marginalista
una allocazione efficiente presuppone che l’equilibrio di mercato si formi in
corrispondenza di quel prezzo per il quale l’utilità marginale dell’ultimo
acquirente è uguale al costo marginale del produttore.
Tuttavia qualora il costo marginale non sia rappresentativo di tutti i
costi connessi con la produzione si creerà uno sdoppiamento tra costo sociale e
costo privato e pertanto la curva di offerta assume
una configurazione tale che l’equilibrio di mercato che si viene a creare per
quella determinata produzione, ossia il punto in cui la curva di offerta assume
i medesimi valori di prezzo e quantità con la curva di domanda, è tale da non
costituire l’allocazione di risorse più efficiente.
Nella ipotesi in cui la produzione generi
esternalità negative l’equilibrio che si forme sul mercato è un equilibrio che
genera sovrapproduzione.
Un altro aspetto interessante, sempre con specifico riferimento agli
effetti delle esternalità è costituito dalle cosiddette esternalità di consumo.
Nelle ipotesi in cui il consumo di un determinato bene procuri al
consumatore un beneficio privato inferiore a quello sociale
è evidente che la curva di domanda che si forma sul mercato riflette tale
situazione e pertanto la domanda di tali beni che si crea sul mercato sarà
correlativamente più contenuta di quella si sarebbe avuta se il parametro guida
fosse il beneficio sociale.
Limiteremo il nostro studio a questi due casi di inefficienza
del mercato e tenteremo di chiarire quali possano essere le soluzioni che la
teoria economica ha individuato.
E’ stato affermato che in presenza di effetti
esterni “le forze di mercato – operanti secondo la logica e i moventi della
concorrenza e quindi mediante il meccanismo dei prezzi – non portano ai
risultati più vantaggiosi per la collettività e che tali risultati potrebbero
essere migliorati, con vantaggio di tutti, mediante un’azione dei pubblici
poteri”[5]
Tale considerazione, ossia che un intervento pubblico costituisca un
rimedio indispensabile, poiché i rimedi privatistici (ossia la compensazione
tra i soggetti coinvolti nelle esternalità) non risulta
adeguato a risolvere il problema è comunque opinione diffusa[6].
Volendo tentare l’individuazione dei principali correttivi pubblici
alle distorsioni del mercato causate dalle economie esterne possiamo
procedere alla seguente classificazione[7]:
1) rimedi consistenti in regolamenti territoriali;
2) rimedi consistenti in regolamenti dei diritti di proprietà
3) imposte e sussidi correttivi delle esternalità positive
e negative;
La strada della regolamentazione degli
effetti indesiderati che scaturiscono da determinati processi produttivi, cioè
l’introduzione di limitazioni della produzione, ovvero degli impianti, ovvero
ancora nella localizzazione delle imprese, ha costituito storicamente la
risposta più immediata del settore pubblico, del potere statuale o locale al
fine di limitare gli effetti delle esternalità. Si possono fare numerosi esempi
quali i limiti alle emissioni inquinanti, allo smaltimento dei rifiuti tossici,
alla pesca alla caccia, etc.
Le regolamentazioni, tuttavia, sono spesso collegate ad una verifica
empirica del livello di inquinamento e ciò costituisce una forte limitazione
alla loro concreta utilizzazione poiché ciò comporta per il soggetto pubblico
che impone la regolamentazione la necessità di sostenere costi di controllo non
indifferenti.
Questa limitazione di carattere economico può, tuttavia, essere
superata qualora il soggetto pubblico abbia la possibilità di imporre ai
privati l’utilizzazione di impianti con specifiche
caratteristiche tecniche, evitando così i costosi controlli.
Anche questa seconda soluzione risulta di
difficile attuazione poiché imporre una tipologia di impianti con
caratteristiche peculiari sotto il profilo tecnologico comporta per le imprese un
incremento dei costi che in una economia altamente competitiva può significare l’esclusione dal mercato.
Le regolamentazioni, comunque, sono di
difficile applicazione poiché presuppongono un monitoraggio preventivo che
fornisca i dati sulla base dei quali stabilire delle scale di limitazione oltre
che un monitoraggio continuo per constatare la validità e l’efficienza e
l’efficacia delle misure adottate, in concreto ciò costituisce l’esatto opposto
del trend di deregulation che caratterizza l'economia globalizzata.
Altro aspetto da non sottovalutare è ciò che può essere definita la
“fase patologica” delle regolamentazioni, ossia le verifiche e i controlli spesso
finiscono per essere gestite dal potere esecutivo e/o politico e si finisce col
far prevalere l’interesse delle lobby economiche che riescono a far ammorbidire
il contenuto delle limitazioni con grave danno per la collettività.
Le regolamentazioni nell’assegnazione dei
diritti di proprietà saranno trattate nell’ambito dei rimedi pubblici e più
precisamente nel cosiddetto teorema di Coase per cui non ci resta che esaminare
gli obbiettivi e le modalità operative delle imposte correttive. Queste servono
a ristabilire l’equilibrio tra costo privato e costo sociale, tra beneficio
sociale e beneficio privato.
Nel nostro Paese da anni si parla di introdurre una imposta
ecologica ma fino ad oggi tranne qualche velleitario tentativo (finalizzato più
al mero reperimento di entrate che ad una logica teorica delle imposte
compensative) l’imposizione ecologica rimane nell’ambito delle proposte mai
realizzate.
Una imposta ecologica intesa in senso
compensativo[8] del danno causato all’ecosistema, dovrebbe
avere una struttura tale che l’incidenza della stessa sia funzione inversa del
grado di inquinamento prodotto con possibili modulazioni positive in presenza
di fattive politiche industriali che privilegiano la tutela dell’ecosistema.
Un altro dei rimedi pubblici possibili alternativo all’imposizione
correttiva consiste nella concessione di sussidi alle imprese che intendono
adeguare i propri impianti alle moderne tecnologie antinquinamento sotto forma,
ad esempio, di crediti d’imposta; ed ancora nella concessione di sussidi in
funzione del consumo di determinati beni il cui costo
privato è superiore al costo sociale.
Dal punto di vista dei riflessi economici sull’equilibrio dei mercati, un’imposizione di tipo ecologico contribuisce a
ristabilire corrette combinazioni prezzo/quantità atteso che consente di
allineare il costo marginale privato al costo marginale sociale. Lo stesso si
può dire dei sussidi che fanno aumentare il consumo di un determinato bene la
cui funzione di domanda viene mortificata dalla
presenza di costi sociali superiori a quelli privati; in tal caso mediante il
sussidio viene ristabilito l’equilibrio. (a titolo esemplificativo possiamo
indicare il mercato delle ristrutturazioni dei beni di rilevanza
storico-culturale appartenenti ai privati per i quali
il beneficio sociale della loro ristrutturazione è superiore al beneficio del
singolo proprietario).
Con il sussidio pubblico all’acquisto di tecnologie antinquinamento,
invece, la produzione rimane allo stesso livello, sovradimensionata, poiché il
costo dell’adeguamento tecnologico viene sostenuto
dalla collettività, pertanto tale tipo di intervento non può essere considerato
efficiente sotto il profilo economico, poiché permangono inefficienza del
mercato e sovrapproduzione.
Sulla base di quanto sopra evidenziato
possiamo affermare che le esternalità sono favorite da un sistema che non
consente un’efficace identificazione dei diritti di proprietà, sulla base di
questa affermazione in apparenza tautologica il Coase approfondì le tematiche
inerenti allo studio dei cosiddetti costi sociali[9] culminato con il celeberrimo Teorema di Coase
che gli valse il Nobel per l’economia nel 1991.
Per capire meglio il ragionamento si suppone ad esempio che in un lago
la pesca sia libera che quindi ciascuno
dei pescatori cercherà di trarre la maggiore quantità possibile di pesce non
rendendosi conto che così facendo finisce col precludere la riproduzione
ittica. Se lo Stato fosse in grado di riorganizzare i diritti di proprietà ed
assegnare ad ogni singolo utente un diritto di pesca questi adeguerebbe
il proprio comportamento alla tutela dei propri interessi di lungo periodo, se
ad esempio venisse rilasciato un unico diritto di pesca il titolare saprebbe
che quanto più sfrutta il lago tanto più ne subirà le conseguenze nel periodo
successivo e, pertanto, da solo sceglierebbe la soluzione ottimale sia per il
breve che per il lungo periodo.
Se un lago è di grandi dimensioni allora lo Stato, potrebbe
considerare come criterio di assegnazione dei diritti
di proprietà quello di far pagare un prezzo per ogni chilo pescato tale da
mantenere l’equilibrio naturale di lungo periodo.
Le conclusioni di tale ragionamento sono che una adeguata
riassegnazione dei diritti di proprietà può consentire ai mercati di risolvere
i problemi legati alle esternalità, senza intervento diretto dello Stato.
Questo risultato rappresenta l’elemento unanimemente riconosciuto come il più
interessante ed il più aderente alla realtà del l’analisi
del Coase.
Ma il Coase si è spinto oltre, affermando con il suo teorema che “quando le parti interessate da esternalità
possono negoziare tra di loro senza costi (di
transazione) si perviene sempre ad un risultato socialmente efficiente
indipendentemente da come la legge attribuisce le responsabilità dei danni”.
Secondo Coase, quindi, è possibile sempre compensare gli svantaggi
delle esternalità negative mediante accordi tra privati. Tali conclusioni,
tuttavia, sono state oggetto di critica poiché le ipotesi semplificatrici ne
limitano la validità empirica, in quanto l’assenza di costi
di transazione costituisce in pratica una ipotesi di scuola, tenendo conto che,
specie nei casi in cui siano coinvolti una pluralità di individui, tali costi
assumono notevole rilevanza.
Per Coase è possibile trovare sempre un accordo sia che si tratti di esternalità di consumo che di esternalità di
produzione.
Nel celebre esempio del pasticciere che esercitando la propria
attività nelle immediate adiacenze di una studio di un
medico con il proprio rumore non consente a quest’ultimo di esercitare a sua
volta la propria attività. Tuttavia indipendentemente dalle regolamentazioni
in materia di risarcimento del danno, le parti, in presenza di un vantaggio
assoluto netto per entrambi hanno sempre la possibilità di regolamentare i
dissidi nascenti dalle esternalità mediante un sistema di compensazioni.
Il teorema di Coase nel caso di esternalità
di consumo potrà, altresì essere rappresentato mediante la cosiddetta scatola
di Edgeworth nella quale la linea dei contratti indica i punti in le
esternalità vengono scambiate come qualsiasi altro bene.
Possiamo fare l’esempio di due soggetti A e
B i quali nella loro scala di preferenze
privilegiano l’uno il silenzio e l’altro il rumore. Se vogliamo rappresentare le
curve di utilità di questi beni rispetto alla
possibilità di acquisire gli altri beni (che per semplificare indichiamo con il
reddito, rappresenteremo le curve di indifferenza di ciascun individuo che
identificano il sacrificio che ciascuno di essi sopporta per avere
rispettivamente il silenzio ed il rumore.
Se mettiamo le funzioni di preferenza dei due individui in modo da
formare una scatola di Edgeworth il cui lato verticale
sinistro misura il silenzio che è nullo nel punto di origine O mentre il lato
verticale destro misura il rumore ed è nullo nell’origine O1
L’ascissa inferiore e quella superiore della scatola rappresentano le quantità
degli altri beni acquisibili dai due soggetti con il proprio reddito.
Se la legge consente il diritto al silenzio l’individuo A potrà cedere parte del proprio diritto a B in cambio del
reddito di B. Qualora invece la legge ammetta il rumore sarà l’individuo B a
cedere una parte del proprio diritto al rumore ad A in
cambio di parte del suo reddito.
A seconda del soggetto assegnatario
del diritto gli scambi avverranno nella parte destra della scatola (se
la legge garantisce il diritto al silenzio) o nella parte sinistra (se è
garantito il diritto al rumore). Lo scambio per essere Pareto-efficiente
presuppone l’uguaglianza dei saggi marginali di sostituzione dei due individui
che si realizzano ogniqualvolta le curve di indifferenza
dei due soggetti sono tangenti. Il luogo dei punti di tangenza costituisce la
curva degli scambi.
Le esternalità di produzione si verificano, come
abbiamo visto, quando dall’esercizio di un’attività produttiva scaturiscono
effetti positivi o negativi per gli altri soggetti.
Quando a ricevere gli effetti esterni è un’altra
attività produttiva il rimedio privato è quello di
internalizzare l’esternalità. Se, ad esempio, lungo un fiume coesistono
un’acciaieria che inquina ed una fabbrica di pesce che subisce l’inquinamento,
entrambi i soggetti hanno una funzione di costo che non riflette l’incidenza
dell’intera gamma di costi, la soluzione potrebbe allora essere quella di effettuare una fusione tra le aziende in modo tale da far
subire allo stesso soggetto che li produce gli oneri dell’inquinamento.
Un’altra soluzione di tipo privatistico potrebbe essere quella di individuare
un corrispettivo quale compenso per il danno creato che l’acciaieria dovrebbe
pagare all’industria del pesce, Tuttavia, in assenza di una precisa regolamentazione dei diritti, quest’ultima strada risulta
difficilmente praticabile e di fatto il soggetto danneggiato ha pochi strumenti
di tutela.
La presenza di esternalità
impedisce di realizzare un equilibrio ottimale in senso paretiano. La teoria
economica ha fornito ampie analisi sui rimedi.
In primo luogo, si è approfondita la possibilità di procedere
a processi di internalizzazione[10],
ovvero, come nel caso di esternalità tra imprese, alla fusione delle imprese
stesse che fa sparire il problema dell'esternalità.
Tra i rimedi proposti si sono suggeriti i seguenti
orientamenti: tassazione (o sussidi), definizione di standard (livelli di inquinamento) e assegnazione di diritti di proprietà.
I meccanismi di tassazione tendono a riallineare il
costo privato al costo sociale e pongono i problemi usuali dei meccanismi
impositivi. Gli effetti distorsivi possono essere eliminati dall'uso di forma
di tassazione "lump-sum".
Le esternalità possono essere
controllate attraverso l'imposizione coercitiva di standard limitando la
produzione al livello socialmente ottimo con evidenti aumenti nei prezzi dei
prodotti.
Una ulteriore soluzione è
l'assegnazione dei diritti di proprietà allo scopo di incoraggiare il formarsi
di un mercato per le esternalità. Il teorema di Coase ha individuato la
possibilità che, in assenza di costi di transazione, lo scambio di questi diritti
di proprietà possa rendere i mercati
"completi" e permettere la realizzazione dell'ottimo paretiano.
Uno dei problemi più interessanti di carattere teorico
di queste diverse tipologie di intervento riguarda la
possibilità che, in realtà, in una situazione non competitiva ci possa essere
un assommarsi di distorsioni. In quel caso, infatti, un intervento di controllo
in presenza di più distorsioni può generare
l'allontanamento dall'ottimo sociale.[11]
La presenza di costi di transazione è l'altro limite tipico
degli interventi che tentano di assegnare in modo opportuno dei diritti di proprietà.
Già da molto tempo la teoria ha
chiarito questi problemi[12],
di recente essi sono stati affrontati ancora[13].
E' stato messo in luce come dal punto di vista di Coase l'approccio piguoviano
è contestualizzato dal punto di vista istituzionale e tutti i diritti di
proprietà sono già stati assegnati.
In questo modo, sostengono gli autori di questa interpretazione, diventa impossibile cogliere la
natura di "reciprocità" dell'esternalità, ma ci si limita in modo
esclusivo a definire un "danneggiato" ed un "danneggiante".
Il fenomeno dell'esternalità è evidentemente più complesso.
La questione dell'evoluzione teorica intorno al teorema
di Coase a partire dalla sintesi di Arrow[14] è stato oggetto di dibattito e lo stesso Coase
ha di recente avanzato la tesi che, in presenza di costi di transazione uguali
a zero, non è necessario un contesto istituzionale definito (perfetta
competizione ed assegnazione di diritti di proprietà) per giungere ad un ottimo
paretiano in presenza di esternalità.
2.6.-
Esternalità nel contesto del problema del traffico:
problemi teorici, problemi di misurazione e stato dell'arte
Dopo la trattazione teorica degli aspetti connessi con
il concetto di esternalità in generale, per poter
completare il quadro teorico è necessario porsi il problema della misurazione
delle esternalità nel contesto del problema del traffico e dell'inquinamento
Si fa riferimento alla misurazione di tutte quelle
esternalità connesse con il problema del traffico ossia, si considereranno sia
i costi che i benefici derivanti dal traffico che sono fuori
da un processo di regolazione di mercato.
Questa sottolineatura è sicuramente
importante, perché, ad esempio, i costi sociali
legati agli incidenti potrebbero essere considerati come dei
costi esterni del traffico. Tuttavia il
mercato delle assicurazioni dovrebbe, almeno in linea di principio,
essere in grado di regolare in maniera efficiente questo aspetto.
Diversamente, è necessario considerare gli aspetti
legati all'inquinamento ed al rumore, oltre che quelli più generalmente
definiti dalle conseguenze della congestione.
Una ulteriore importante
distinzione è suggerita dagli effetti interni al club degli utenti della strada
(es. il tempo perso nella congestione) da quelli inflitti a coloro che
sono fuori dal club degli utenti della
strada (utilizzatori dei mezzi pubblici, pedoni o cittadini in genere). In tal
caso i processi di internalizzazione
dovranno essere oggettivamente diversi. In qualche misura, l'internalizzazione
all'interno del club degli utenti della strada avviene già secondo il seguente
meccanismo: se c'è informazione perfetta, l'utente del club conosce i tempi di
percorrenza causati dalla congestione, sceglie l'automobile ed ha
presumibilmente già effettuato una valutazione di
convenienza tra quel mezzo e le alternative, almeno nella misura in cui sia
libero di scegliere.
Il discorso si sostanzia quindi in maniera più
stringente per coloro che sono esterni al club degli
automobilisti e, volendo essere precisi, per coloro che sono costretti da
motivi diversi a scegliere l'automobile come mezzo di trasporto.
Il meccanismo della internalizzazione
diventa così lo strumento su cui occorre concentrare l'attenzione teorica. La soluzione ottimale al problema della internalizzazione
sarebbe un meccanismo di attribuzione dei diritti di proprietà e quindi una
soluzione "alla Coase". Tentativi pratici in tal senso sono stati
fatti, ma con difficoltà concrete dal punto di vista applicativo derivanti in
primo luogo dalla impossibilità di definire gli
elementi di reciprocità del fenomeno.
Ciò non cambia il risultato finale, ma in aggiunta
esisterà un altro elemento che impedisce una "internalizzazione
pura": su un piano pratico sarà pressoché impossibile definire un
ammontare massimo di inquinamento ammissibile dalla
collettività.
In letteratura è possibile individuare due tipologie di
classificazione della misurazione. La prima si basa sulle caratteristiche degli
eventi misurati e sulla base teorica della procedura valutativa seguita, la
seconda invece distingue in modo più generale tra diverse procedure valutative
basate in modo più diretto sulle caratteristiche proprie dell'esternalità da
valutare.
Ci sembra opportuno mantenere questa duplicità, sebbene
esse siano evidentemente collegabili tra loro.
Nella prima tipologia[15] ci sembra di potere distinguere in primo luogo
gli eventi da internalizzare sulla base del loro grado di prevedibilità. Si individuano così un approccio basato sul concetto di
benessere, allorché i danni provocati dall'attività da internalizzare siano
"prevedibilmente misurabili" ed un approccio basato sul
"rischio" allorché i danni siano "non misurabili".
All'interno della prima categoria di metodi
utilizzabili si distinguono normalmente tre differenti approcci:
- approccio basato sulle risorse, che
permette di misurare l'esternalità sulla base della misurazione del costo di
rimpiazzo delle risorse perse a causa del traffico, sia in termini di capitale
umano, che di capitale fisico. Il vantaggio risiede nella possibilità di
poter sfruttare valutazioni sulle risorse effettuate in altri mercati;
- approccio basato sull'utilità che si fonda sulle
stime di una funzione di utilità individuale
sottoposta alle caratteristiche tipiche di questa funzione in un "ambiente
teorico" da modello di equilibrio economico generale (perfetta
informazione ovvero presenza di mercati completi) e secondo le metodologie di misurazione per il surplus del consumatore
basate sulle variazioni compensative e sulle variazioni equivalenti. In questo
caso si misura la disponibilità a pagare o ad accettare pagamenti;
- approccio basato sulla prevenzione degli effetti
derivanti dal traffico. In questo caso si avrebbe una
valutazioni a priori degli standard necessari ed una misurazione dei
costi sulla base della spesa necessaria a prevenire il superamento degli
standard.
E' evidente che la funzione di benessere sociale
definita in questo ambito di metodologie diventa
l'elemento entro cui tutte e tre le ipotesi possono essere studiate.
In particolare è stato dimostrato
come un problema di massimizzazione dinamica del welfare sotto i vincoli di
carattere ambientale possa in qualche modo ricomprendere i tre approcci.
L'approccio basato sui costi delle risorse e quello basato sull'utilità sono equivalenti[16],
mentre quello basato sulla prevenzione si riferisce esattamente ai vincoli del
modello.
Alcune annotazioni sono necessarie con riferimento al
carattere soggettivo implicato dall'approccio basato sull'utilità. E' evidente
come sia necessario prima di tutto escludere il
problema del "free riding", ciò pone un problema di carattere
sostanziale nel momento in cui si disegnano le surveys necessarie alla
misurazione della "disponibilità a pagare"(d'ora in poi, WTP, willingness
to pay), tanto da rendere possibile lo sviluppo di un "sottoinsieme"
di modelli legati ai "prezzi edonici", ossia ai prezzi che si formano
in connessione al mutare di alcune condizioni qualitative nei beni oggetto di
scambio (tipicamente i prezzi delle case nelle zone che si deteriorano per
effetto del traffico o nelle zone che migliorano per effetto di interventi
limitativi del traffico).
L'approccio basato sul rischio si fonda sul concetto che
ogni unità di traffico in più crea di per sé la probabilità di una perdita
sociale legata alle diverse fonti di esternalità. In
questo senso si adatta meglio per le valutazioni sul futuro e può essere differenziato in tre aspetti alternativi dello stesso
problema:
1. la diversificazione, finalizzata ad ottenere una
riduzione del rischio attraverso lo sviluppo di alternative
nella scelta, che nel nostro caso si sostanziano nell'adozione di modalità di
trasporto alternative;
2. le assicurazioni: per esse emerge
un problema nel momento in cui si consideri l'impossibilità di assicurare
"rischi collettivi" (ovvero correlati) sulla base delle equivalenze
attuariali. Per questo motivo si impongono molto
spesso delle assicurazioni di carattere obbligatorio (a favore di terzi) allo
scopo di coprire i relativi "rischi sociali".
3. la prevenzione, riguarda problemi di carattere
particolare in cui l'utilità è legata al realizzarsi o meno
di un particolare evento. Hirshleifer e Riley propongono una trattazione di
questo tipo: si consideri una funzione di utilità che
dipende dal reddito e dall'accadere o meno di un evento negativo. Ogni curva di utilità sarà più alta se l'evento negativo non accade.
Nel caso in cui accada non è sempre prevedibile il
tipo di comportamento razionale dell'individuo. Esso dipenderà dalla relazione
tra reddito ed evento negativo: se essi sono sostituti in termini di
compensazione di utilità gli individui si
assicureranno, altrimenti no. in qualche caso potrà sussistere complementarità
tra reddito ed evento negativo, tanto da rendere conveniente un'assicurazione
inversa che si premuri di non fare accadere l'evento negativo
Il secondo approccio individuato in letteratura
classifica le metodologie sulla base della misurazione della esternalità.
Preliminarmente si introduce la differenza tra
esternalità pecuniaria ed esternalità tecnologica. La differenza risiede nel
fatto che quando c'è una esternalità di carattere
tecnologico, essa deve essere introdotta nelle funzioni di utilità (se è
un'esternalità nel consumo) o di produzione (se è una esternalità nella
produzione), al contrario l'esternalità pecuniaria è normalmente dovuta alla
variazione di costi di produzione causati dai comportamenti di altre imprese (o
consumatori) nell'acquisto di fattori di produzione (o di beni di consumo).
Mentre le esternalità di carattere tecnologico hanno effetti di carattere
reale, nel senso che inficiano la decisione ottimale,
le esternalità pecuniarie hanno, al contrario, effetti solo di carattere
distributivo senza mutare il beneficio netto derivante dal processo produttivo
associato.
Si fa notare come questa classificazione dipenda in modo cruciale dall'influenza del traffico e delle
infrastrutture di trasporto sull'ambiente.
Le metodologie di trasformazione di costi e benefici in
termini monetari dipendono da:
- precedenti:
si basano sulle compensazioni legali comminate per danni equivalenti da organi
giurisdizionali.
- comportamenti
capaci di prevenire i danni: si basano sulle spese da sostenere per evitare
i danni.
Le due tecniche hanno delle evidenti
limitazioni dovuti alla possibilità di applicazione per contesti del
tutto limitati.
- preferenze
rivelate (prezzi edonici):: esistono casi in cui la preferenza per un
particolare tipo di riduzione di un costo sociale può essere rintracciata
attraverso alcuni indicatori di carattere monetario. E' il caso dei
prezzi edonici come indicatore di "disponibilità" ad accettare una
particolare qualità dell'aria o
dell'ambiente circostante, laddove esso sia legato all'andamento dei prezzi
delle case presenti in quell'area;
- preferenze
rivelate (il metodo del "costo del viaggio"): si tratta di una
metodologia strettamente connessa al danno provocato da una infrastruttura
di trasporto e si sostanzia nel misurare il costo dello spostarsi in un luogo
ove i danni ambientali o quelli provocati dalla congestione stradale sono
assolutamente assenti;
preferenze espresse o valutazioni contingenti: si
tratta di trovare informazioni dirette e non indotte sulla disponibilità a dare
un prezzo ad alcuni danni ambientali che possono emergere a seguito di una
infrastruttura di traffico.
[1] Del Bono Zamagni, Appunti di Microeconomia, tomo II, Bologna, 1995, p.656 ss.
[2]Gravelle -
Rees, [1981]
[3] Dolan, Tanstaafl:
Economic Strategy for the Environmental Crisis, New York, 1969, p.24 ss.
[4] Musu, Introduzione all’economia dell’ambiente, Bologna, 2000, p. 25 ss.
[5] Caffè, Lezioni di politica economica, Torino, 1984, pp.41 ss,
[6] v. Samuelson-Nordaus, Economia, Milano, 1996, p. pp.361 ss.
[7] Plott, Externalities
and Corrective policies in experimental markets” in Economic Journal, Vol. 93, 1983, p.106 ss.
[8] Il concetto di imposta correttiva era già presente in Pigou, Economia del benessere, Torino, 1960
[9] Coase, “The
problem of Socal Cost”, in Journal of law and Economics, Vol.3, 1960, pp.1
ss.
[10]Bator F.M., [1958]
[11]Lipsey R.G.-Lancaster K., [1956-57] e Buchanan J., [1969]
[12]Non è un caso che i testi citati sono essenzialmente dei "classici" dell'argomento.
[13]Boitani A. - Grillo M., [1992]
[14]Arrow K.J., [1970]
[15]Vedi INFRAS-IWW, [1994]
[16]Si tratta di un lavoro di Kotz-Muller-Rothengatter (1984)